Corriere della Città – Il Pontino “Psicologia Difesa Personale”
Il Seminario del 29 aprile 2017 raccontato da una delle nostre jutsuke. Un’interessante lezione pratico-teorica sui principi base di psicologia applicata alla difesa personale
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Sabato 29 Aprile 2017.
L’Associazione Sportiva Dilettantistica Yu Dojo Bushido Ryu, ha inaugurato la collaborazione con la dottoressa e psicologa, Vittoria Opitano praticante del Ju Jitsu da 5 anni.
Un seminario nel quale le allieve del corso ed alcune Jutsuka (termine con il quale si denominano i praticanti del Ju Jitsu) hanno avuto un primo assaggio di psicologia applicata alla difesa personale.
Il seminario si è svolto nella sede dell’Associazione Futuro Onlus di Pomezia, dove il sabato mattina si svolgono le lezioni del corso di difesa personale femminile insieme alla Cintura Nera I Dan di Ju Jitsu e Istruttrice di Difesa Personale WKK Roberta Zanobi.
Qui le partecipanti hanno studiato i principi della difesa personale tanto nella pratica che a livello mentale.
Nel seminario infatti sono stati toccati vari concetti psicologici coinvolti in un’aggressione, da quelli personali alle reazioni emotive psicofisiologiche che avvengono nel nostro organismo e che ci preparano allo sforzo di combattere o fuggire di fronte ad un pericolo.
Obiettivo principale dello stage? Comprendere, dare un nome alle reazioni del nostro corpo rispetto ad un’aggressione, così da non sentirle come sensazioni estranee ma come qualcosa che si conosce e che quindi si può gestire.
In primis è affrontato il concetto di Sicurezza di una persona, concetto base che permette di vivere ed esistere al riparo da pericoli e in tranquillità nello svolgimento della propria quotidianità.
La sicurezza personale può infatti essere messa a rischio da tanti fattori: uno dei più estremi è l’aggressione, che mina l’integrità fisica e psicologica dell’individuo, soprattutto se con rischio di perdere la vita.
La difesa personale, che subentra nel momento in cui viene minacciata la propria sicurezza, comprende tutte le strategie verbali, psicologiche e fisiche per uscire indenni da un’aggressione, compreso il saper individuare subito una via d’uscita.
Il miglior scontro, infatti, è sempre quello evitato, quando questo è possibile. La reazione deve essere sempre dosata alle circostanze e all’entità della minaccia, ponderata in misura proporzionale alla perdita.
La parte pratica si è basata su una simulazione di ipotetica aggressione con colpitore, per mettere la persona nell’assetto mentale di pensare “E ora? Come ne esco?”.
Si comincia da una lettura della situazione, per poi passare alla consapevolezza della reazione e infine alla ricerca della via d’uscita.
Alla reazione bisognava tirar fuori il “kiai”. Esso è un’emissione di suono vocale (una specie di grido), proveniente dalla contrazione muscolare durante l’esplosione di un colpo.
Serve a far uscire la determinazione, canalizzando l’aggressività e rendendo il colpo più preciso ed efficace, inibendo anche l’aggressore che di certo non si aspetta una reazione, in quanto non rientra nei suoi piani.
Il kiai è l’emblema dell’unione mente-corpo e della presenza e attenzione massima che si sta mettendo in campo quel momento.
Nella parte teorica, la dottoressa Opitano ha affrontato i fattori psicologici e psicofisici coinvolti in un’aggressione, proprio per creare un continuum sul lavoro del corpo e della mente.
Ha tenuto ha precisare come l’allenamento mentale non si riduca solo al tempo trascorso durante l’allenamento vero e proprio, ma ad ogni situazione di vita, come fronteggiare conflitti, superare un ostacolo, trovare la soluzione ad un problema.
Da qui si è collegato il concetto orientale usato nelle arti marziali di Zanshin, col quale si indica un momento di concentrazione ed attenzione massima e assoluta.
Si traduce in “zan”, ovvero mantenere, e “shin”, ovvero spirito, tradotto: “mantenere lo spirito in allerta”.
Lo Zanshin nasce quindi da una concentrazione di tutti i sensi rivolta ad un particolare momento o ad una determinata azione, fisica e/o mentale nel “qui ed ora”.
La perdita dello Zanshin, ovvero il processo di alta vigilanza e attenzione sostenuta in psicologia, equivale ad aprire una falla nella propria difesa che potrebbe essere sfruttata dall’avversario per abbatterci.
Il concetto di Zanshin si può quindi estendere a tutte le dinamiche della vita quotidiana di una persona: una distrazione, una situazione mal interpretata o presa superficialmente può creare uno svantaggio che può risultare fatale.
Lo Zanshin abitua a mantenere alta una guardia psicologica, fino a che non vi sia certezza assoluta di uno stato di sicurezza.
La parte teorica si è quindi spostata sulle reazioni psico-fisiologiche del nostro organismo al momento di un’aggressione e cosa succede nel nostro cervello, per essere consapevoli e non farci sopraffare da paura e disperazione, stati dai quale è difficile tornare ad uno stato di lucidità mentale, stato fondamentale che serve per affrontare l’aggressione.
L’ allenamento fisico e mentale per la propria sicurezza serve proprio a prevenire, diventare padroni di tecniche per riuscire a sentirsi più sicuri ed efficaci e sviluppare un atteggiamento mentale determinante nella riuscita di una difesa.
Il seminario ha aperto la mente a tutte le partecipanti, facendo loro comprendere al meglio come l’allenamento fisico e quello mentale siano ugualmente importanti per riuscire ad affrontare qualsiasi tipo di situazione.
Bisogna fare uno scatto mentale per riuscire a gestire le emozioni, tirare su il mento e guardare il pericolo negli occhi, per dirgli “Io non ci sto”, “Io non intendo soccombere senza lottare”.
Ed è per questo che è importante unire lezioni pratiche e teoriche per riuscire a comprendere ogni aspetto della difesa personale e le partecipanti, oltre ad essere state entusiaste del seminario, sono anche impazienti di poter affrontare altre tematiche legate alla psicologia e alla difesa personale, per essere sempre più consapevoli, pronte e determinate per affrontare gli ostacoli che la vita potrebbe porre loro dinnanzi.
<< L’acqua si scava la strada anche attraverso la pietra, e quando è intrappolata l’acqua si crea un nuovo varco.>>
Memorie di Una Geisha
Giulia Monteduro