Il Nostro Anno Accademico

Sta per concludersi un altro anno accademico e come sempre ci guardiamo indietro per analizzare il cammino e per capire come migliorare e quali sono stati i nostri punti di forza. Articolo scritto dalla nostra Giulia Monteduro pubblicato sul giornale di Pomezia “Il Pontino” (pag. 47)

 

Quando propongo ai miei amici di iniziare a praticare il JuJitsu, molti mi guardano straniti, altri sorridono beffardi e scrollano il capo.

<<Non sarei mai in grado di colpire qualcuno.>>

<<Se dovesse capitarmi qualcosa, non credo sarebbe un corso di JuJitsu ad aiutarmi.>>

Quando mi vengono date queste risposte non so se sentirmi più arrabbiata o più frustrata per la malainformazione che c’è in giro riguardo il mondo marziale e nello specifico il JuJitsu.

Tante volte, quando dico in giro di essere una cintura marrone di JuJitsu, la gente mi guarda confusa.

Juji… che? – domandano in molti. – Cos’è, una specie di Judo?

No, vorrei rispondere io con vena polemica, è il Judo ad essere una specie di JuJitsu.

Ma tante gente non capisce la differenza tra un’arte marziale e uno sport da combattimento, non capisce che un’arte marziale non è violenza, ma è un percorso di vita contro la violenza stessa. Nessun marzialista cerca la lotta, anzi studia mille modi diversi per non combattere, ma sa anche che se c’è da combattere, non si arrende senza aver portato a casa qualcosa, sia essa la pelle o una soddisfazione personale.

Quando il mio Maestro Daniele Boldini mi ha chiesto di scrivere questo articolo a conclusione dell’anno accademico che sta volgendo al termine, ho colto l’occasione al volo per trasmettere un messaggio sul perché il JuJitsu e perché le arti marziali.

Ma partiamo dal principio.

Cos’è il JuJitsu?

Potrei meramente riportarvi le classiche parole che potreste facilmente trovare tutti su internet, ma non starò qui ad istruirvi su termini tecnici, perché spero che questo articolo vi ispiri e incuriosisca a tal punto da andarvelo a cercare da soli il significato letterale o storico o tecnico del JuJitsu, o magari vi faccia venir voglia di scoprirlo voi stessi, iniziando questo percorso.

Quello che voglio fare io invece, è riportarvi alcune testimonianze di chi pratica arti marziali da più o meno tempo, con le loro impressioni e con cosa sia per loro il JuJitsu.

Il JuJitsu, secondo Gianni, è “la più completa arte marziale. Il riscontro che ne ho ricevuto è stato una maggiore consapevolezza del mio essere in tutti i sensi. Mi ha reso più sicuro e deciso nei confronti del mondo esterno”.

Martina, invece, ha intrapreso anche il percorso di formazione affiancando Roberta Zanobi come aiuto istruttrice nel Corso di Difesa Personale femminile racconta: “Ho scoperto un nuovo mondo, una nuova me! Grazie al Maestro e al Dojo non ho fatto passi, ma balzi altissimi in avanti sia fisicamente che moralmente. Ho imparato a rialzarmi in fretta e combattere, a non sprecare il fiato, a trovare la soluzione più giusta ed efficace, ad accettare i consigli, a sbagliare e riprovare e ancora riprovare”.

Gabriele, uno degli ultimi arrivati del gruppo, spiega come per lui il JuJitsu sia “un’arte marziale che ha una storia e anni di studio, un’arte giapponese che non insegna la violenza, ma il rispetto e, non per ultimo, un attento studio del corpo umano”.

Giulia, prossima cintura arancione e con noi da due anni racconta di aver iniziato il corso di Jujitsu “perché le arti marziali mi hanno sempre affascinata e questa in particolare era quella che mi piaceva di più. Sono felice di dire che non sono rimasta per niente delusa da questo corso, anzi, ho imparato più di quello che pensavo”

Elisa è una delle allieve più longeve del Maestro Boldini, “Ho conosciuto il Maestro Daniele Boldini quando ha iniziato (da volontario) un corso di JuJitsu integrato per i ragazzi diversamente abili dell’Associazione Futuro di Pomezia, il che mi ha permesso di affacciarmi a questo nuovo stile di vita, perché di questo si tratta!”.

Michela aggiunge: “a spingermi a cercare quest’arte marziale è stato il desiderio di sentirmi più sicura di me, sia a livello fisico che psicologico; da quando ho intrapreso questo percorso ho acquisito una maggiore autostima, una sicurezza diversa, una capacità di vedere ciò che mi circonda con maggiore attenzione rispetto a prima. Perché consiglio questo corso? Perché ti forma, ti cambia, ti insegna a sentirti più sicuro e ti regala una nuova famiglia”.

Credo si evinca abbastanza facilmente da ogni testimonianza che la parola chiave per descrivere questo gruppo sia famiglia. Le arti marziali non aiutano semplicemente a leggere una situazione pericolosa per tempo, non insegnano solo come tirare un pugno o quali siano i punti deboli di un avversario.  Sono un vero e proprio stile di vita, che ti cambia nel profondo, di dà maggiore consapevolezza della tua forza, non solo fisica, ma anche e soprattutto mentale. Come ogni anno ad un passo dalla chiusura dell’anno accademico ci voltiamo indietro per comprendere la strada percorsa e studiare il prossimo passo affinché ciò che studiamo abbia sempre una base solida e possa dare un contributo tangibile a chi intraprende questo percorso, e questo lo dobbiamo soprattutto al nostro Maestro, sempre attivo per far farci fare nuove esperienze che prescindono le semplici lezioni settimanali, come lo stage di Difesa Personale KPS tenuto il 16 Dicembre 2017 con il Maestro Giancarlo Patti, gli stage nazionali di Kali Kalasag col Maestro Vito Lettieri con cui la nostra Associazione collabora ormai da diversi anni, lo stage di M.M.A. tenuto il 21 Aprile 2018 con Michele Verginelli, lo stage di JuJitsu tradizionale e moderno tenuto il 19 Maggio 2018 con i Maestri Spadoni e Sciuto, oltre che due incontri l’anno con la con la Psicologa e prossima Psicoterapeuta (nonché cintura marrone di JuJitsu) Vittoria Opitano, che tiene lezioni in tema di psicologia applicata alla difesa personale. Concludo questo articolo con le sue parole: “Ci si mette alla prova, giorno dopo giorno tramite il lavoro sul tatami, la resistenza, il sacrificio, la disciplina, l’umiltà, il rispetto. E quando si riceve un colpo dal quale non ci si è riusciti a difendere, ci si domanda “e se fossi stata per strada?” e si lavora per migliorare. Trovare la forza mentale per reagire e uscirne fuori, sicuramente feriti, ma vivi”.

Giulia Monteduro.

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